ViA(E), dai Navigli alla Provenza

ViA(E), dai Navigli alla Provenza

Ed. Omnia, pag. 216 è il nuovo libro curato da Andrea Cerrato.

Con il nome di vie (viae in latino) venivano indicate le strade extraurbane in epoca romana; il termine deriva dalla radice indoeuropea wegh con il suffisso ya, che significa “andare”, ma che esprime anche il senso di “trasporto”.

La più antica tra le grandi vie di comunicazione, le “viae publicae”, fu la Via Appia, iniziata nel 312 a.C. da Appio Claudio Cieco per aprire la strada verso la Magna Grecia. Inizialmente questa via arrivava fino a Capua, ma venne in seguito prolungata fino a Brindisi, da dove ci si poteva imbarcare per le province balcaniche.

Le “viae publicae” erano comunemente chiamate “consolari” e collegavano le città più importanti, in molti casi prendevano il nome dai magistrati che ne ordinavano la costruzione oppure dalla località in cui terminava la strada stessa; ad esempio la “via Ardeatina”, che porta da Roma ad Ardea. Nel caso delle strade più antiche, la denominazione era data dal loro utilizzo prevalente. La via Salaria, ad esempio, è così chiamata perché vi si trasportava il sale.

Non di tutte le strade è conosciuta la denominazione, in questi casi gli storici utilizzano denominazioni convenzionali, generalmente con i nomi latini delle città di inizio e fine del percorso, come ad esempio la strada da Milano a Pavia è chiamata “via Mediolanum – Ticinum”. Nel corso dei secoli il tracciato delle strade ha subito diverse modifiche, con variazioni di percorso e prolungamenti. Questa viabilità costituì senza dubbio il più efficiente e duraturo sistema stradale dell’antichità e consentì di portare la civiltà romana in contatto con le genti più diverse che popolavano il mondo allora conosciuto.

Non tutti sanno però che già al tempo di Augusto furono istituiti lungo il percorso molti luoghi di sosta, proprio come si sta cercando di fare ora, dotati di servizi; le più importanti erano riservate ai funzionari pubblici ed erano chiamate mansiones, situate lungo le vie principali a circa una giornata di viaggio l’una dall’altra. Ciò rendeva possibile ai viaggiatori di fermarsi e pernottare.

Ecco quindi che nel 2019, anno del Turismo Slow, prendere spunto proprio dalla grande rete delle ViA(E) romane mi è sembrato il modo più naturale per far dialogare territori molto diversi tra di loro, il Monferrato&Langhe con la Lomellina e la Riviera.

La nostra vuol essere una proposta turistica che stimoli la curiosità del pubblico, non è un libro di storia, né tanto meno un trattato scientifico o sociologico. ViA(E) vuole trarre spunto dalle antiche arterie di comunicazione come simbolico emblema di unione tra territori, di messa in rete, di flussi di genti e concetti, di sinergie e, non ultimo, di dialogo.

Questo racconto in realtà inizia già nel 2017 con il progetto #storiedibellezza promosso dal Consorzio Sistema Monferrato e sposato da La Nuova Provincia.

Molti dei racconti che troverete di seguito traggono infatti ispirazione dalla rubrica settimanale, giunta oramai alla 100esima puntata, nella quale ho cercato di raccontarvi un Piemonte sconosciuto ai più, da scoprire a piedi o in bici, da vivere con “gentilezza”, da vivere da “viaggiatori” e non da semplici turisti.

Questo nuovo approccio al racconto di territori, che a noi piace definire “liquido” ovvero senza barriere mentali, culturali ed amministrative, trae anche ispirazione dal progetto Piccole Italie, nato nel 2012 tra le città di Asti, Fermo, Gorizia, Alcamo, Isola della Scala, Camerota – Parco del Cilento, Reggio Calabria, e che fu da apripista di un movimento nazionale di valorizzazione di quelle realtà al di fuori delle grandi mete turistiche internazionali, ma che in realtà rappresentano l’Italia più vera.

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