Ripartiamo dal ViA(E)
Abbiamo scommesso su questo progetto in tempi non sospetti, quando “covid-19” era una parola che non si trovava in nessuna agenzia di stampa internazionale, eppure sentivamo già l’esigenza di proporre un modello turistico nuovo che ripartisse dalle destinazioni italiane ancora ai margini del grandi circuiti internazionali e per fortuna non toccate ancora dall’overtourism.
ViA(E) nasce sul finire del 2018 e già nel settembre 2019 viene siglato un primo protocollo sottoscritto dal Piemonte, dalla Lombardia e poi dalla Liguria. Un progetto di dialogo tra territori vicini tra loro perché confinanti, ma lontani per comunicazione, promozione e per prodotto turistico. Un percorso lungo le antiche vie romane, alcune ancora percorribili, alla ricerca e scoperta di luoghi nuovi, di storie da raccontare, di un’accoglienza vera e di rapporti da recuperare fatti di storie, aneddoti e tradizioni.
Una diga ormai abbandonata che collega due regioni, una ciclovia lungo il fiume tra risaie e oasi protette, cibi che con nomi diversi si ritrovano in tutte le culture e vini con denominazioni diverse che parlano la stessa lingua.
Poco più di un anno di lavoro e il Consorzio Sistema Monferrato, Alexala, il Gal e l’Ecomuseo della Lomellina, realtà della Riviera Ligure come la Città di Alassio, la Valle Bormida e tanti enti e associazioni hanno dato inizio a questo nuovo progetto, altri si stavano avvicinando. Ora siamo sicuri che ViA(E) diventerà un modello per tutta l’Italia a partire dalle Marche, dal Friuli Venezia Giulia, dalla Sicilia…le regioni delle Piccole Italie.
Una comunicazione social pensata per il mercato italiano già iniziata con oltre 300.000 utenti raggiunti in poche settimane, pacchetti turistici con protagonisti Monferrato-Langhe, Valle Bormida, Lomellina e Riviera già confezionati e venduti alla Borsa del Turismo sportivo, al TTG di Rimini, ai Viaggiatori di Lugano sul finire del 2019. Un modello che ora è più utile che mai, pronto ad essere attivato da tutti gli attori economici dei territori.
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Ma facciamo un passo indietro…
Con il nome di vie (viae in latino) venivano indicate le strade extraurbane; il termine deriva dalla radice indoeuropea wegh-con il suffisso -ya, che significa “andare”, ma che esprime anche il senso di “trasporto”. La più antica tra le grandi vie di comunicazione, le “viae publicae”, fu la Via Appia, iniziata nel 312 a.C. da Appio Claudio Cieco per aprire la strada verso la Magna Grecia. Inizialmente la via arrivava fino a Capua, ma venne in seguito prolungata fino a Brindisi, da dove ci si poteva imbarcare per le province balcaniche.Le “viae publicae”, comunemente chiamate “consolari”, collegavano le città più importanti.
In molti casi le “viae publicae” prendevano il nome dai magistrati che ne ordinavano la costruzione oppure dalla località in cui terminava la strada stessa; ad esempio la “via Ardeatina”, che porta da Roma ad Ardea. Nel caso delle strade più antiche, la denominazione era data dal loro utilizzo prevalente. La via Salaria, ad esempio, è così chiamata perché vi si trasportava il sale. Non di tutte le strade è conosciuta la denominazione in questi casi gli storici utilizzano denominazioni convenzionali, generalmente con i nomi latini delle città di inizio e fine del percorso, come ad esempio la strada da Milano a Pavia è chiamata “via Mediolanum-Ticinum”. Nel corso dei secoli il tracciato delle strade ha subito diverse modifiche, con variazioni di percorso e prolungamenti. La viabilità romana costituì il più efficiente e duraturo sistema stradale dell’antichità, che consentì di portare la civiltà romana in contatto con le genti più diverse che popolavano il mondo allora conosciuto. Nessun altro popolo in quell’epoca storica seppe eguagliare la loro capacità di scelta dei tracciati, le tecniche di costruzione e l’organizzazione di assistenza ai viaggiatori. Per gli “altri” furono istituiti lungo il percorso dei luoghi di sosta dotati di servizi. Le più importanti, riservate ai funzionari pubblici, erano le mansiones; situate lungo le vie principali a circa una giornata di viaggio l’una dall’altra, permettevano ai viaggiatori di fermarsi e pernottare.
Ecco quindi che nel 2019, anno del Turismo Slow, prendere spunto proprio dalla grande rete delle ViA(E) romane ci è sembrato il modo più naturale per far dialogare territori diversi tra di loro.
È un progetto turistico, non storico o scientifico, che vuole trarre spunto proprio dalle antiche arterie di comunicazione come simbolico emblema di unione tra territori, di messa in rete, di flussi di genti e concetti, di sinergie e, non ultimo, di dialogo.
L’idea progettuale elaborata e che attualmente abbiamo iniziato ad applicare e sperimentare in Piemonte, Lombardia e Liguria può essere definita “liquida”. Dalla tradizionale campagna pubblicitaria abbiamo assistito al passaggio a forme nuove di advertising e alla definizione del concetto di movimento applicato alla comunicazione. La prima ha una durata finita ed è drammaticamente “battagliera”, il secondo mira alla fidelizzazione, alla condivisione, alla viralità allo scambio. Il nuovo ruolo della comunicazione non è solo quello di generare attenzione ma di coinvolgere i pubblici, le persone, gli utilizzatori, i clienti, che, in qualche caso collaborano alla costruzione di un brand e, inesorabilmente ne decretano il successo o l’insuccesso. Il nuovo paradigma del “marketing liquido” è quello di una comunicazione “agile” all’interno della quale le competenze sono rimescolate e il messaggio, proprio come l’acqua in un recipiente, si adatta ai contesti.
Già Eraclito sosteneva che “tutto scorre”, tutto è in cambiamento e, come direbbe Bauman secoli dopo, chi si ferma è perduto!
Il brand è sempre stato considerato quell’elemento del marketing che doveva dare sicurezza e stabilità. L’affiliazione al marchio, per molto tempo, è stato l’unico elemento di certezza in un contesto sociale altamente mutevole e questa sua caratteristica è alla base del successo di molte realtà aziendali. Nella cultura dell’usa e getta, questa certezza è minata.
La fidelizzazione del cliente al marchio è diventata un mito. Un tempo esistevano i brand globali. Oggi, non più o sempre meno.
Forse Pepsi e Coca-Cola sono marchi ancora globali. Già McDonald è un marchio glocale. Un brand a cui vengono associati prodotti studiati per ciascun mercato di riferimento: un tempo McDonald basava la propria strategia sul fatto che, in qualunque parte del mondo fossi, avresti mangiato lo stesso prodotto. Oggi, mantenendo una parte di offerta globale (solo nel marchio di prodotto e non negli ingredienti), il marchio aggiunge valori locali associati alla cucina tipica del territorio.
I Brand diventano anch’essi liquidi. Mutano al mutare del contesto sociale. Si differenziano sulla base dei cambiamenti. Il loro veicolo è il prodotto. E’ il prodotto che dà valore al brand e non più viceversa.
Il brand liquido, quindi, è il brand che si riconfigura attraverso un’offerta anch’essa mutevole ed in continuo adattamento. I territori devono essere quindi “brand liquidi”. Spesso e volentieri prevalgono localismi e questo raramente ha dato i risultati attesi dalle pianificazioni e strategie di posizionamento sui mercati.
Ragionare invece per “unioni di prodotto” e quindi di aggregazione è sicuramente più efficace. La scelta di Via(E) è lavorare su un’offerta turistica multifunzionale su più territori e regioni. L’idea è di agire su un sistema flessibile in grado di qualificarsi in base al mercato di riferimento o come prodotto integrato o come prodotto specifico, meglio se esperienziale.
Ogni Paese estero ha comportamenti di consumo specifici che occorre conoscere e studiare. Può essere necessario in alcuni casi “vendere” l’Italia attraverso il Piemonte, altre volte è meglio vendere un prodotto di nicchia per avviare o consolidare un flusso. Le sinergie tra le diverse realtà e i diversi prodotti tematici devono essere portati avanti all’interno di una strategia precisa. Nel definire questo approccio al mercato occorre tener conto, come spesso precisato da operatori ed esperti di marketing, che il territorio non è delimitato da confini amministrativi. Questa non inutile precisazione è propria dell’approccio del turista straniero che, non conoscendo il sistema amministrativo italiano, ha una visione molto diversa del territorio che intende visitare. Altro aspetto da tenere in grande considerazione è la vendibilità del sistema/territorio che si vuole comunicare. Questo aspetto implica in primis una partecipazione attiva degli operatori della filiera lunga, la molteplicità delle offerte devono essere coordinate e rendere partecipi del progetto sia i singoli operatori, sia le istituzioni, ma soprattutto i cittadini.
ViA(E) utilizzando i mezzi di comunicazione oggi, forse, più democratico e alla portata di tutti, i social network, vuole essere uno strumento anche educativo del cittadino che, partecipando alla costruzione dell’immagine di un territorio attraverso i propri racconti e invitandolo a scoprire le “storie di bellezza” di un luogo.
Il cuore del progetto ViA(E) è quindi la partecipazione e la condivisione di contenuti da parte degli operatori della filiera turistica coinvolta e la piattaforma tecnologica utilizzata in esclusiva per le azioni di marketing territoriali proposte.
Il progetto ViA(E) solo apparentemente è un progetto di sola comunicazione.
I Sistemi Turistici che decideranno di attivare questo tipo di azione dovranno automaticamente adottare un nuovo metodo di lavoro, un processo a breve e medio periodo di programmazione delle attività da raccontare e una condivisione dei progetti con le aree limitrofe, interne alla stessa Regione o addirittura esterne.
L’approccio metodologico sino ad ora realizzato sta permettendo ad aree confinanti come il Monferrato, la Lomellina e la Riviera ligure di generare un flusso di comunicazione verso un pubblico che diversamente non sarebbe stato raggiunto e allo stesso tempo un’attività di brainstorming e di confronto che ha già dato origine ad altre attività come scambio di buone pratiche, partecipazione a fiere ed expo, definizione di pacchetti turistici condivisi e azioni di formazione.
Il confronto continuo tra gli attori coinvolti diventa un continuo stimolo per creare e migliorare. La conoscenza tra attori di Regioni diverse è il miglior metodo per permettere una progettualità di lungo periodo, attraverso la realizzazione di progetti d’ampio respiro e per permettere l’accesso a fondi ministeriali e/o europei, ma soprattutto creare un’identità e una consapevolezza che darà all’imprenditore privato la fiducia ad investire nel proprio territorio e allo stesso tempo attrarre nuovi investitori.