Virtual tour…siete proprio sicuri che facciano bene al turismo?

Virtual tour…siete proprio sicuri che facciano bene al turismo?

Durante il lockdown, grazie all’ausilio di Instagram, Facebook, Google Street view, VR Gaming e altre diavolerie tecnologiche sono nate infinite nuove soluzioni per organizzare tour virtuali e dirette live che hanno consentito ai visitatori, da casa, di avere un ruolo attivo e partecipativo.  Non solo più navigazioni a 360 gradi o itinerari, ma vere e proprie soluzioni innovative che hanno consentito al visitatore di poter avere un ruolo quasi reale.

Chi intraprende questa nuova tipologia di visite guidate virtuali, sempre più disponibili anche gratuitamente, è infatti in grado di porre domande alla guida, condividere con gli altri partecipanti un contenuto o un feedback e, in alcuni casi, addirittura di prendere decisioni in tempo reale sul percorso da fare.

Del museo del Louvre, del Prado o del Met ora conosciamo tutto, tutte le opere e tutte le stanze più segrete; potremmo addirittura, bendati, orientarci all’interno del museo e raggiungere il bookshop e il bar.

Tecnicamente? Fantastici, direi perfetti. Coinvolgenti e appassionanti racconti, direttori di musei e curatori delle mostre davvero a top, linguaggio semplice ma senza tralasciare nulla al caso e alla professionalità con cui devono essere trattati questi argomenti.

Perfetti, abbiamo detto…ecco forse troppo perfetti e troppo coinvolgenti che nulla più hanno lasciato alla fantasia e alla curiosità.

Fino a ieri, o meglio fino a tre mesi fa, ogni operatore del turismo era costantemente alla ricerca del fattore wow ovvero quell’emozione improvvisa che attraverso un’esperienza conquistava il consumatore, il turista.

Abbiamo passato anni a studiare e ad insegnare come si disegna un’esperienza turistica che generi il fattore wow, il giusto momento, la corretta luce, le parole più efficaci, il momento perfetto, i migliori canali di vendita e di racconto. Ore a spiegare agli operatori del turismo che attraverso il fattore sorpresa si genera un’emozione unica che crea felicità, fidelizzazione e comunicazione virale. Quante volte abbiamo detto che ognuno di noi reagisce in modo diverso davanti ad un’opera d’arte, ad un’architettura, ad un tramonto visto per la prima volta. Abbiamo basato molto, non tutto sia chiaro, sull’esperienza di essere in un luogo o davanti ad un qualcosa di nuovo o immaginato.

E ora?

In questi tre mesi abbiamo avuto l’opportunità di conoscere nel minimo dettaglio tutto ciò che desideravamo conoscere e non avevamo ancora avuto la possibilità di vedere o fare.

Il turismo riparte è ovvio, ripartirà con la nostra voglia di evadere, di muoverci, di respirare aria nuova.

Cambierà sicuramente il design applicato al turismo e si dovrà ripartire dalla narrazione dei territori; solo chi la farà in modo corretto ed efficace ripartirà ed emergerà.

La sfida è tutta nuova.

Dimentichiamoci le solite dieci destinazioni di successo, ce ne saranno altre, per fortuna.

Sarà una narrazione emozionale ed emozionante che non potrà più partire dal museo, dal palazzo storico, dalla città o dall’evento consolidato. Se già era una comunicazione obsoleta prima il racconto del “contenitore” non avrà più appeal.

Il vero protagonista era diventato, fino a tre mesi fa, il contenuto ovvero l’esperienza che il turista poteva fruire proprio in quel museo, in quel palazzo storico e in quella città.

E ora? Cosa racconteremo? Da dove partiremo?

Ripartiremo (finalmente) dalle persone, dai cittadini, dalle comunità.

Sono loro che rendono e renderanno ogni luogo sempre nuovo e sempre diverso, con la loro autenticità, originalità e veridicità.

Sarà una narrazione tutta nuova, meno artificiosa e con meno filtri, sarà sicuramente più genuina e spontanea. La linea guida del nuovo turismo non potrà che essere “like a local”, un tempo relegato come una delle tipologie di turismo esperienziale, oggi materia di studio che molti trattano ancora con sospetto.

Il “like a local” non sarà un semplice laboratorio di cucina, o una passeggiata per raccogliere le erbe officinali. “Like a local” sarà un turismo che toccherà tutti i sensi del viaggiatore e creerà connessioni a livello fisico, emotivo, sociale e intellettuale; il turista interagirà sempre più con le persone, con la storia e con la tradizioni del luogo.

In molti non lo hanno ancora capito, ma il futuro non sarà più in mano ai tour operator o ai destination manager, ma ai “Maestri del territorio”…ma questa è un’altra storia a cui noi stiamo già lavorando.

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